Nel pollo che compriamo non ci sono residui di antibiotici pericolosi per la nostra salute. Il pollo italiano è sicuro.
Negli allevamenti italiani di polli e tacchini, gli antibiotici sono usati a scopo esclusivamente curativo e mai per promuovere la crescita. Prima di ricorrere all’antibiotico si adottano altri metodi preventivi, a cominciare dai sistemi di biosicurezza, poi si adottano i vaccini e solo se strettamente necessario perché l’animale è malato si ricorre alla terapia antibiotica.
Inoltre, quando in uno degli oltre 3.000 allevamenti avicoli italiani vengono somministrati antibiotici agli animali malati, il veterinario controlla sempre che venga rispettato il tempo di smaltimento del farmaco, chiamato “tempo di sospensione”, prima di fare uscire gli animali dall’allevamento.
Il corretto uso degli antibiotici è confermato dai risultati del Piano Nazionale Residui (PNR) che ha lo scopo di verificare l’assenza di sostanze indesiderate nei prodotti di origine animale (carne, latte, uova, etc.) e quindi anche di controllare la regolare somministrazione dei farmaci veterinari secondo le norme nazionali e comunitarie. I controlli sono effettuati dagli oltre 5.000 veterinari pubblici (il più alto numero in Europa) delle ASL e degli altri organi di controllo del Ministero della Salute. Nel 2012 su 6.700 controlli a campione condotti su carni avicole, solo 5 sono risultati non coerenti con la normativa. Questo conferma anche l’attento controllo che i veterinari di filiera esercitano negli allevamenti da loro seguiti.
Si. La semplice cottura elimina completamente ogni rischio legato alla presenza di batteri e ciò, in aggiunta all’assenza di alcun residuo di farmaci pericoloso per l’uomo, rende la carne di pollo sicura e salutare. I batteri, che siano o meno antibiotico resistenti, non possono in alcun modo causare patologie nell’uomo se la carne viene conservata secondo le indicazioni del produttore, se viene maneggiata e preparata rispettando le norme di igiene e, soprattutto, se viene cotta adeguatamente.
Grazie a una spiccata capacità adattativa, i batteri evolvono molto velocemente e sviluppano in tempi brevissimi meccanismi di resistenza agli antibiotici anche a causa della pressione esercitata dall’eccessivo e a volte non necessario uso di queste sostanze. L’antibiotico resistenza riguarda sia l’uomo che gli animali e dipende soprattutto da un uso non prudente e razionale degli antibiotici.
Secondo l’OMS la principale causa del diffondersi dell’antibiotico resistenza è l’uso inappropriato di antibiotici da parte sia della popolazione, sia degli operatori sanitari. L’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) riporta che più del 50% delle prescrizioni di antibiotici negli ospedali sono superflue o inappropriate, e i paesi europei dove si concentra questa pratica sono gli stessi dove maggiore è l’incidenza di batteri resistenti: Grecia, Cipro, Italia, Ungheria e Bulgaria.
L’uso di antibiotici a scopo curativo in zootecnia non è ne’ l’unica ne’ la principale causa dell’antibiotico resistenza. Tuttavia la zootecnia deve fare la propria parte. Il settore avicolo italiano sta facendo scuola in Europa e nella zootecnia nazionale, sia riducendo l’utilizzo dell’antibiotico del 20% tra il 2012 e il 2014, sia decidendo autonomamente di dotarsi di un “Piano per l’uso razionale del farmaco” per un ulteriore riduzione del 20% nel prossimo triennio e impegnandosi a non utilizzare del tutto alcune classi di antibiotici considerate essenziali in medicina umana.